:: riflessione ::
(pubblicato il 21/08/2008)
L’allenamento di qualche giorno fa, accompagnato dai soliti fedeli amici mi ha fatto riflettere.
Lo studio di una disciplina marziale, tante volte può trasformarci in collezionisti: sempre più tecniche, più kata, più applicazioni, più storia, libri, video, forum, parole, discussioni, citazioni, sempre più nozioni che non si trasformano in maestria, o comunque in qualità realmente gestite.
Un grande maestro tempo fa mi disse, che ciò che si sviluppa in ampiezza, perde in profondità.
Io credo che per cercare in profondità, ci sia comunque bisogno di cautela e consapevolezza, perché troppe volte, in nome di questo, ho visto rendere complicate, cose pulite e semplici, meravigliose proprio per la loro semplicità.
Un paio di anni fa durante una lezione chiesi: <quale è la vostra tecnica preferita?? Quella che usereste per salvarvi la vita?? Quella che sentite nascere spontanea?...e da 0 a 10, quale voto dareste, in termini di reale conoscenza ed efficacia???>. ehmm .... Gelo!!!!!!!!!!!!
In realtà è una domanda evolutiva, una spinta a squarciare la membrana e passare in un’altra dimensione. Un suggerimento a non essere superficiali; anziché continuare ad acquisire nuove conoscenze, realizzare a fondo ciò che conosciamo, tenendo a mente che non c’è limite alla conoscenza.
Una singola tecnica, può diventare un laboratorio di immense proporzioni, figuriamoci ad esempio un kata; eppure collezioniamo forme su forme.
Prendiamo una tecnica base ad esempio, come il kizami-zuki; l’abbiamo eseguita migliaia di volte, il colpitore elettronico a cui ci siamo sottoposti, ha registrato che rappresenta il pugno più micidiale, perché consente di spostare più agevolmente il nostro centro in avanti in accelerazione.
Si! Sappiamo queste nozioni, ma quanti di noi le hanno trasformate in qualità reali?
Chi ha approfondito il concetto di linea, di accelerazione, di radicamento, di catene cinetiche.
Quante varianti abbiamo ripetuto, senza perdere l’attenzione, senza diventare svogliati?
Questo è il vero problema di un insegnante, che pur vedendo il quadro, deve mediare.
Il Kizami di potenza, il kizami frustato, il kizami finger del D.M, con il pugno ruotato di diversi gradi, per colpire, per interdizione, per dissuasione, per spezzare il ritmo, per prendere il tempo, come attacco ripetitivo, come misura della distanza.
Studiare e realizzare in profondità le innumerevoli possibilità di un kizami-zuki, può fare in modo che un combattente diventi molto pericoloso, con una sola tecnica.
Pensiamo poi alla possibilità di sperimentazione mentale; che emozioni provo a tirare in questo o quel modo; su questo o l’altro bersaglio; quando attacco o quando vengo attaccato; si possono costruire situazioni di stress e giocare, in modo evolutivo sulla paura o altro.
Pensate ! tutto questo con un kizamizuki, e ciò ovviamente vale con qualsiasi cosa vogliate.
Un’arte marziale deve essere semplice, che non significa facile e deve insegnare a smettere di preoccuparsi delle cose superflue della vita.
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